di Max Borg

Mentre La mia vita con John F. Donovan arriva sugli schermi italiani, ripercorriamo la carriera di Xavier Dolan e il nostro viaggio da spettatori nel suo cinema.

 

Storia di una passione

Otto lungometraggi dal 2009 a oggi, da J’ai tué ma mère a Matthias et Maxime. Questa è la filmografia da regista di Xavier Dolan, enfant prodige del cinema canadese (all’epoca dell’esordio aveva vent’anni) e fedele avventore del Festival di Cannes: solo Tom à la ferme (Venezia) e La mia vita con John F. Donovan (Toronto) hanno disertato la Croisette.

Otto film, girati con mano ferma e autentica passione per il cinema nella sua forma più pura: come ha ricordato il giovane cineasta durante la sua ultima venuta a Cannes, dopo l’opera prima girata in digitale per questioni finanziarie egli ha sempre scelto di usare la pellicola.

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Talento Made in Québec

La carriera di Dolan è strettamente legata al Québec, prima ancora di esordire dietro la macchina da presa, essendosi fatto le ossa come attore (infatti il passaggio alla regia fu motivato in parte dal timore di non riuscire più ad ottenere parti dall’altro lato della barricata) e soprattutto come doppiatore: ancora oggi Dolan è tra le più note voci di celebrità americane e inglesi per il mercato francofono in Canada. Ha iniziato con la saga di Harry Potter, doppiando Rupert Grint, mentre dal 2016 presta la voce a Eddie Redmayne nel prequel Animali fantastici.

Proprio con i guadagni da attore e doppiatore riesce a finanziare J’ai tué ma mère, racconto semiautobiografico sul rapporto difficile tra un giovane omosessuale e la madre. Lì inizia il percorso autoriale del cineasta, fatto di elementi riconoscibili: la famiglia, l’amore, quella variante della lingua francese non sempre comprensibile in Europa e l’atmosfera puramente quebecchese.

Solo in due occasioni Dolan devia da quei territori: È solo la fine del mondo è in francese normale, con un cast di prim’ordine che include Vincent Cassel e Marion Cotillard, mentre per La mia vita con John F. Donovan si passa addirittura all’inglese, per raccontare il successo e le sofferenze di un attore sulla cresta dell’onda.

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Cinema e Vita

È un cinema molto personale, quello di Dolan: egli mette in scena una versione romanzata di se stesso, il più delle volte dirigendosi da solo (appare come attore in cinque dei suoi otto film), circondato da varianti di amici e parenti.

C’è la figura ingombrante ma carismatica della madre, sorta di fil rouge della filmografia del regista che raggiunge l’apogeo in Mommy, premiato a Cannes nel 2014: la vita e il cinema si incontrano sul palco del Grand Théâtre Lumière dove Dolan ritira il premio in lacrime e ringrazia personalmente Jane Campion, presidente della giuria e regista di Lezioni di piano, opera fondamentale per la concezione che il cineasta canadese ha dei personaggi femminili.

Cinema e vita, proprio come ne La mia vita con John F. Donovan, dove i due concetti si incontrano e scontrano con grande forza drammatica, partendo dal suicidio del divo nel titolo per esplorare i concetti tanto cari al regista, fondendo abilmente pubblico e privato, finto e reale, intimo ed epico.

Senza Dolan nel cast, ma con la sua essenza che attraversa ogni inquadratura, dal tragico inizio alla nostalgica sequenza dei titoli di coda.  

La mia vita con John F. Donovan ti aspetta al cinema in queste sale!